DR.SSA SARA CAMPOLONGHI - SPECIALISTA NELLA GESTIONE DEL PESO

La mia foto
Roma, Piacenza, Italia, Italy
Riceve presso studi privati a Roma e Piacenza. Possibilità di consulenze on line. CONTATTI: Cell. +39 328 89 69 351 sara.campolonghi@gmail.com www.coachalimentare.it FB: Drssa Campolonghi LaSalute VienMangiando Twitter: CoachAlimentare

venerdì 9 dicembre 2011

COME INVECCHIARE? DIPENDE DA TE

L’Epigenetica e lo Stile di vita Anti-età

Sabato 3 dicembre 2011 si è svolto presso l’Hotel Rome Cavalieri di Roma il Convegno ANTI-AGING: Benessere e Stili di Vita, organizzato dall’Accademia del Fitness di Parma, un evento multidisciplinare durante il quale vari professionisti della Salute quali medici, psicologi, posturologi, preparatori atletici e altri hanno approfondito i vari aspetti dello stile di vita che possono influenzare la qualità dell’invecchiamento: in particolare si è parlato di fattori biologici, genetici e metabolici, alimentazione, attività fisica, fattori psicologici come lo stress e i disturbi del comportamento alimentare.

Fra i tanti interventi degni di nota segnaliamo quello del Dott. Filippo Ongaro, Direttore Sanitario dell’Istituto di Medicina Rigenerativa e Anti-Aging di Treviso (ISMERIAN), Vice Presidente dell’Associazione Medici Italiani Anti-Aging (AMIA), nonché autore del best-seller Mangia che ti passa e co-conduttore del noto programma televisivo Dottori in Prima Linea in onda su La7.

Il Dott. Ongaro esordisce con una battuta, osservando che la maggior parte degli uditori presenti sono ‘ipertrofici’ piuttosto che ‘sarcopenici’[1]; effettivamente in sala erano presenti diversi allenatori, sportivi e persone in buona forma fisica. Questo sta a significare che oggi chi si interessa al tema cruciale della salute e dello stile di vita non lo fa solo a parole, ma lo esprime e lo comunica mettendo in pratica nella propria quotidianità stili di vita salutari, che promuove in prima persona. E diventando in prima persona promotori della salute e del benessere sarà più facile per gli altri seguirci su questa strada con lo stesso entusiasmo.

Tutti siamo destinati ad invecchiare, ma in modi diversi: ci sono casi (molto rari) di persone vissute più di 100 anni che sono rimaste in ottima salute fino alla fine della loro vita, grazie ad una predisposizione genetica particolarmente protettiva; altri si sono mantenuti in buona forma fisica e mentale fino ad un’età avanzata con una costante pratica di stili di vita salutari, unitamente ad un buon bagaglio genetico; infine ci sono molte persone che vivono fino ad età avanzata, ma in condizioni di salute precarie e con una bassa qualità di vita, grazie al supporto medico e farmacologico. A questo punto viene da chiedersi se abbia senso vivere 15-20 anni in più, quando si è persa la salute e la qualità della vita. Il modello medico tradizionale, precisa Ongaro, è indispensabile e continuerà ad esserlo, ma oggi non è più sufficiente e va riadattato ed integrato in funzione di un accrescimento della qualità di vita nell’arco dell’intera sua durata.

Ancora oggi la ricerca lavora per scoprire quali siano le condizioni ottimali per invecchiare nel miglior modo possibile, ma conosciamo già quale sia il minimo indispensabile: mangiare correttamente, combattere la sedentarietà, e gestire lo stress, oltre ovviamente ad evitare i comportamenti pericolosi (fumare, bere alcolici, praticare attività e sport rischiosi, etc.). Secondo i dati del C.D.C. Center for Disease Control and Prevention (vedi Tabella),  ben il 50% della nostra salute dipende dai comportamenti quotidiani, il 20% dall’ambiente e dagli aspetti genetici, mentre soltanto il 10% dall’accesso alle cure mediche.


Questo evidenzia quanto sia centrale la modificazione del comportamento e dello stile di vita in un’ottica di prevenzione, e come sia in qualche modo sovrastimato il ruolo della predisposizione genetica di per sè nello sviluppo delle patologie, dal momento che lo stile di vita modifica e regola l’espressione ed il funzionamento dei geni in una continua e reciproca interazione. L’Epigenetica è appunto la disciplina che si occupa di determinare come i geni si adattino al mondo esterno regolando l’attività del DNA[2] e di come questa interazione influenzi la salute e l’invecchiamento.


A questo punto Ongaro introduce un elemento fondamentale, la Discordanza evolutiva: il genoma umano oggi è pressoché identico a quello di 200 mila anni fa, mentre l’ambiente circostante, così come gli alimenti disponibili, le attività fisiche e le abitudini sono drasticamente mutati; la discrepanza che si crea fra ambiente e DNA produce un paradosso, ovvero l’aumento della longevità a discapito della qualità e delle modalità di vita, e può perfino portare ad una reversione del fenomeno a causa della composizione dell’ambiente circostante.

Le radici delle patologie del nostro tempo affondano proprio in questa discordanza, pertanto per intervenire efficacemente in senso preventivo occorre intervenire all’origine e non dal momento in cui si manifestano clinicamente. L’espressione di queste patologie infatti , anche grazie all’enorme capacità di compensazione del corpo umano, può avvenire dopo molti anni dalla loro esordio: questo da un lato ci impedisce di identificarle subito, per contro una volta compreso il processo si avrà la possibilità di intervenire in tempo.

Ma come si intreccia l’azione del genoma con quella dell’ambiente e dello stile di vita? Con una metafora il Dott. Ongaro paragona il DNA alla rete elettrica di una casa: il fatto di sapere come sia progettata la rete non consente di sapere quali siano le luci accese o spente in un determinato momento. Lo stesso si può dire per il funzionamento dei geni protettivi del DNA: ad oggi la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante in merito alla codificazione del genoma umano, ma per risalire all’origine delle patologie moderne occorre comprendere ciò che regola l’accensione e lo spegnimento dei geni protettivi (la cosiddetta Regolazione epigenetica[3]).

Quello che sappiamo al momento però è che la loro attivazione dipende dall’informazione proveniente dall’esterno: lo stile di vita e l’ambiente. Queste informazioni influiscono sui processi di replicazione e manutenzione del DNA, dai quali dipendono la salute, la longevità e la qualità della vita dell’uomo.
Stili di vita non salutari, ed in particolare un’alimentazione scorretta nonchè depauperata dall’‘industrializzazione’ e ‘modernizzazione’ degli alimenti, porta al DNA informazioni sbagliate che vanno ad aumentare l’instabilità genomica e riducono la capacità di riparazione delle mutazioni ed errori genetici che normalmente si verificano nel corso dell’esistenza dell’individuo, alla base per esempio della riproduzione delle cellule cancerose. L’Epigenetica consente di giocare d’anticipo, cercando di mantenere il più possibile la stabilità genomica, e di bloccare all’origine il percorso di sviluppo di gravi patologie.

Ongaro dà infine alcune preziose indicazioni sulla corretta alimentazione con la nuova piramide alimentare modificata secondo le conoscenze basate sull’Epigenetica: vediamo come gli elementi più rilevanti della piramide siano l’attività fisica quotidiana, la verdura, la frutta, i cereali (e farine derivate) rigorosamente integrali, l’olio extravergine di oliva, i legumi e le noci, ed a seguire il pesce, le carni bianche e le uova. Non dimentichiamo l’acqua, che va posta anch’essa alla base della piramide. Possiamo osservare come queste indicazioni si discostino, sia in termini di quantità che di qualità degli alimenti, da quelle della vecchia piramide che tutti conosciamo, in particolare per quanto riguarda riso, pane e pasta bianchi, cibi non riconosciuti dalle nostre cellule in quanto troppo raffinati.




Per concludere, uno strumento pratico e fruibile per seguire più facilmente le indicazioni generali di una sana alimentazione, promosso dalla Harvard Medical School: il piatto unico semplice ed immediata rappresentazione delle porzioni degli alimenti che si consiglia di consumare all’interno di un pasto: gli ortaggi rappresentano il 50% del piatto, con una predominanza delle verdure, mentre il restante 50% va a sua volta suddiviso fra cereali integrali e proteine salutari.

L’intervento del Dott. Ongaro apre le porte a molte riflessioni importanti.
In primis, nella lotta alle patologie del nostro tempo lo stile di vita in generale ed il comportamento alimentare in particolare assumono una posizione di primissimo piano per il ruolo cruciale che hanno nella regolazione della salute cellulare e del sistema immunitario: il nostro corpo è fatto di cellule che interagiscono con l’ambiente, e se queste cellule non ricevono le informazioni corrette, ovvero coerenti con il DNA, non funzioneranno in maniera ottimale e ciò si tradurrà in espressioni patologiche di varia natura.
In secundis, emerge la necessità di un superamento della visione puramente energetica e calorica del cibo, a favore di una concezione più complessa che lo identifica non più come semplice ‘carburante’ ma come veicolo di informazione che contribuisce a regolare i processi cellulari più profondi[4]. Questo significa che improvvisamente il cibo e le abitudini alimentari entrano in connessione diretta con le capacità rigenerative del nostro corpo, l’invecchiamento, lo sviluppo delle malattie e di altre condizioni legate all’alimentazione quali sovrappeso, obesità e molti altri disturbi.
Più in generale, questo radicale mutamento di prospettiva comporta una vera e propria “rivoluzione copernicana” nell’approccio alla malattia, che deve pertanto contemplare interventi di tipo multidisciplinare riguardanti il concetto di “stile di vita” nella sua globalità, le abitudini e le pratiche quotidiane, il comportamento alimentare e di movimento, lo stress, etc., e che apre ampie prospettive di collaborazione fra le varie figure professionali che lavorano nell’ambito della prevenzione e della promozione della salute, per la riduzione dell’incidenza di obesità, disturbi correlati al peso corporeo, malattie metaboliche, oncologiche, cronico degenerative, etc. cercando di realizzare un cambiamento culturale, sociale ed individuale dello stile di vita e delle abitudini delle persone.

Dr.ssa Sara Campolonghi
Psicologa, Coach alimentare e Specialista nella gestione del peso


[1] Sarcopenìa (dal greco antico σαρξ – sàrx per carne e πενια – penìa per scarsità, perdita) è il termine medico utilizzato per indicare la perdita di massa e funzione muscolare.
[2] Filippo Ongaro, “Mangia che ti passa”. Piemme 2011.
[3] Ibid.
[4] Ibid.

mercoledì 7 settembre 2011

INDICAZIONI GENERALI PER UN’ALIMENTAZIONE SALUTARE E PREVENTIVA

Oggi nei Paesi industrializzati il problema dell’obesità e delle malattie correlate al peso corporeo ed allo stile di vita (diabete, infarto del miocardio, ipertensione, disturbi gastro-intestinali, osteoporosi, etc.) è sempre più grave ed allarmante, così come l’incremento delle patologie cronico degenerative ed oncologiche (demenze senili, aterosclerosi, tumori dell’intestino, della mammella, della prostata, etc.) delle quali ancora non sono ben chiare le cause. Gli studi scientifici attuali dimostrano come un’elevata percentuale di queste patologie (al momento stimata intorno al 30%) trovi la sua origine nelle caratteristiche dello stile di vita e dell’alimentazione moderna. Evidenze scientifiche sempre più numerose identificano l’alimentazione quale privilegiato strumento di cura e prevenzione delle patologie del nostro tempo, e questo ci investe improvvisamente di un’enorme responsabilità: diventiamo noi stessi padroni ed artefici della nostra salute, presente e futura!


Nonostante vi sia oggi un’ampia possibilità di scelta di prodotti, i forti interessi economici e la comunicazione spesso contraddittoria e tendenziosa dei mass media impediscono la buona informazione e non consentono di avere conoscenze chiare e sicure sulle pratiche alimentari più corrette e sui prodotti a disposizione. Inoltre i professionisti della Salute spesso affrontano il problema in modo uni-disciplinare, intervenendo solo sull’aspetto puramente nutrizionale, senza prendere in considerazione tutto ciò che fa parte della quotidianità, come le abitudini, il sistema di credenze, le aspettative, il sistema familiare, sociale e lavorativo della persona. Perché si possa gestire consapevolmente la propria alimentazione è fondamentale diventare i protagonisti delle proprie scelte quotidiane, e parte attiva del processo di cambiamento del proprio stile di vita: con questo articolo vogliamo fornirvi alcune linee guida generali che ognuno di voi può utilizzare per orientarsi fra la miriade di informazioni e prodotti disponibili, divenire consumatori un po’ più attenti e cominciare ad auto-gestire con semplicità la vostra salute.

INTEGRALITÀ


In molti Paesi come in Italia, la Terra della pasta e della pizza, le farine bianche (raffinate) sono le più utilizzate, per ragioni principalmente economiche e legate alla produzione industriale. Nel nostro Paese la pasta, i prodotti da forno così come il riso ed altri cereali vengono diffusamente venduti e consumati nella loro forma raffinata, il che significa essere stati trattati, modificati e deprivati dalle loro preziose componenti nutritive originarie. Per questo i più recenti studi consigliano di consumare pane, pasta e cereali nella loro forma integrale. I cereali integrali danno una maggiore sazietà, aiutano il transito intestinale, e sono ottimi per un gran numero di abbinamenti e ricette gustose!



Lo stesso discorso vale per gli zuccheri industriali (bianco, grezzo, malto d’orzo, fruttosio, etc.) che consumiamo puri, da soli o utilizzati nella preparazione degli alimenti: sono presente praticamente ovunque, e tutt’altro che salutari! All’interno degli alimenti però gli zuccheri sono molto importanti: tutta la frutta essiccata, come l’uvetta, prugne, albicocche, fichi, datteri, etc., è ricchissima di sali minerali e fibre, dà molta energia e consente di utilizzare meno zucchero nelle preparazioni dei dolci



SEMPLICITÀ

Come sono da preferire gli alimenti che si avvicinano il più possibile alla loro forma originaria secondo il principio dell’integralità, così per le stesse ragioni è meglio evitare quelli molto lavorati o modificati industrialmente. Oltre ad essere impoveriti ed alterati dai processi di raffinazione e lavorazione, questi prodotti sono spesso ipercalorici o arricchiti con sostanze dannose per la salute - come sale, grassi idrogenati o zuccheri - che servono a rendere maggiormente appetibili anche ingredienti di scarsa qualità o dal sapore sgradevole (pensiamo p.es. ai cibi ‘light’, a patatine e merendine e ai succhi di frutta). Per questo, fate attenzione ai prodotti che mettete nel carrello della spesa, e leggete le etichette!

La semplicità è importante anche per le preparazioni in cucina: gli ortaggi crudi, le cotture brevi e a temperature non troppo elevate (bollitura, vapore) e l’utilizzo di condimenti di origine vegetale (olio extravergine di oliva in primis) soprattutto a crudo e spezie consentono di apprezzare al meglio i sapori dei cibi e di valorizzarli ottenendo anche grandi benefici per la salute. Semplicità non significa mancanza di gusto!


STAGIONALITÀ E FILIERA CORTA

Consumare verdura ad ogni pasto e frutta ogni giorno è fondamentale per la salute, ma consumare secondo la stagionalità del territorio consente di nutrirci con alimenti che possiedono il massimo livello di fragranza, appetibilità e resa. Gli alimenti coltivati fuori stagione invece hanno una scarsa qualità nutritiva, comportano costi molto più elevati sia per il consumatore che per il commerciante, e sono piuttosto insapori! Anche gli ortaggi importati, colti molto tempo prima della maturazione, affrontano lunghi viaggi all’interno di celle frigorifere, rendendo impossibile consumarli a breve tempo dalla raccolta, e comportano elevati costi di trasporto. Per gustare al massimo il sapore e le loro proprietà degli ortaggi dunque, e risparmiare, scegliamo frutta e verdura di stagione e del territorio!


VARIETÀ

Anche nel rispetto della stagionalità possiamo comunque usufruire di moltissimi alimenti diversi, che spesso nemmeno conosciamo. Variare ed alternare spesso gli alimenti, e scoprirne di nuovi, consente di trovare nel cibo tutto ciò di cui abbiamo bisogno e ricevere il massimo da ciò che mangiamo, scongiurando carenze e malnutrizione, ma non solo: mangiando sempre cose diverse non si cade mai nella routine dei sapori, e si riscopre ogni giorno il gusto ed il piacere di mangiare. Variando sempre non ci si annoia mai!


GRASSO È BELLO

Il senso comune e la pubblicità ci portano a demonizzare i grassi tout court. In realtà come dicono gli esperti di nutrizione esistono grassi molto diversi: ci sono i grassi dannosi, ovvero quelli di origine animale (burro, strutto, quelli contenuti nella carne, nei salumi, nel latte etc.) e vegetali ‘idrogenati’ (come la margarina) utilizzati nella preparazione di molti prodotti industriali. Poi ce ne sono altri molto diversi, perchè assolutamente indispensabili per ridurre e prevenire molte malattie anche gravi e si trovano in molti alimenti vegetali e nel pesce. Non demonizziamo i grassi ‘buoni’!  Sulla nostra tavola non dovrebbero mai mancare: si trovano nell’olio extravergine di oliva e nelle olive, nella frutta a guscio (noci, mandorle, anacardi, etc.), nei semi oleosi (sesamo, girasole, zucca, etc.) e nel pesce (soprattutto azzurro). La nostra cucina ed il nostro palato si arricchiranno ancora di più di gusto e salute.


REGOLARITÀ E IDRATAZIONE

Mangiare rispettando orari regolari ai pasti principali permette di educare il nostro senso di fame e sazietà, che non è immutabile ma si modifica in base al nostro comportamento alimentare abituale. Quindi con il tempo puoi insegnare al tuo corpo a richiedere cibo quando ne ha davvero bisogno! Inoltre trascorrere troppe ore a digiuno ci porta ad essere famelici all’ora dei pasti: fare uno spuntino a metà mattina e a metà pomeriggio con frutta o frutta secca è un buon modo per non esagerare a pranzo o a cena. Quale migliore occasione per raggiungere la giusta quantità di frutta giornaliera consigliata dai nutrizionisti!

Infine, non dimentichiamo l’importanza dell’acqua: bere durante tutta la giornata, acqua, tisane, infusi, etc. garantisce una buona idratazione, indispensabile per mantenere pulito il nostro corpo, farlo funzionare al meglio e mantenerlo in forma, ci aiuta ad avere maggiore senso di sazietà, ad avere un buon funzionamento intestinale, migliora l’aspetto della pelle, e quindi in definitiva a sentirci meglio e più belli!


LEGGIAMO LE ETICHETTE!

Questo aspetto merita un punto a parte. Spesso non ci rendiamo conto di quello che mangiamo: i prodotti industriali che compriamo sono pieni di sostanze artificiali come coloranti, conservanti, addensanti, aromatizzanti, zuccheri (sciroppo di glucosio, di fruttosio, maltosio o destrosio), grassi idrogenati, ormoni, etc. non così innocui come si potrebbe pensare, che ingeriamo inconsapevolmente ogni giorno. Basta leggere le lunghe etichette dietro molti prodotti al supermercato! Tutti gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente di quantità, e anche da qui possiamo capire la qualità o la convenienza di un prodotto. Spesso sono indicati in modo vago (p.es. con la dicitura “oli vegetali”) oppure utilizzando parametri fuorvianti (p.es. “pochi grassi” potrebbe voler dire più zuccheri, o aromi artificiali), e questo non ci permette di capire di che si tratta al primo sguardo. Quindi facciamo più attenzione: se ci abituiamo a leggere e comprendere le etichette possiamo tutelarci e scegliere i cibi meno dannosi e più naturali.



Dopo questo lungo elenco di linee guida ci sentiamo scoraggiati, spaventati, in balìa del mercato? Dobbiamo stravolgere le nostre abitudini di punto in bianco, rivoluzionare all’improvviso i nostri gusti? La sensazione è quella di non poter mangiare nulla perché tutto fa male? Niente affatto! La conoscenza ed il senso critico aprono un’incredibile varietà di prospettive e di possibilità di scoperta! Ci sono tanti sapori ed ingredienti che possono darci grande soddisfazione a tavola, sia dal punto di vista del gusto che del benessere, e magari non lo immaginiamo neppure. Per intraprendere questo percorso bastano un atteggiamento più attento e piccoli accorgimenti quotidiani, p.es. a partire dalla spesa: con un po’ di curiosità, e volontà di scoprire gradualmente nuovi sapori naturali ed autentici guadagneremo in salute per il presente ed il futuro.




Sito-Bibliografia

F. Berrino, “Il cibo dell’uomo”
F. Ongaro, “Mangia che ti passa”. Piemme, 2011
A. Villarini, G. Allegro, “Prevenire i tumori mangiando con gusto”. Sperling & Kupfer




Dr.ssa Sara Campolonghi
Psicologa, Coach alimentare e Specialista nella Gestione del peso corporeo


Cell. 328 89 69 351
E-mail: sara.campolonghi@gmail.com
Facebook: La salute vien mangiando
Twitter: CoachAlimentare

venerdì 2 settembre 2011

INCONTRI SU SALUTE ALIMENTARE, STILE DI VITA E GESTIONE DEL PESO

PROSSIMO INCONTRO:
DOMENICA 19 FEBBRAIO 2012 - ore 11:30

Ristorante Luce 44, Via della Luce 44 (Trastevere), Roma

Per saperne di più e discutere insieme in tema di alimentazione sana, comportamento alimentare, abitudini e gestione del peso.


Seguirà gustosissimo open-buffet 100% biologico in linea con gli argomenti trattati.

Gli incontri sono tenuti dalla Dr.ssa Sara Campolonghi, Psicologa, Coach alimentare e Specialista nella Gestione del peso corporeo.

Le tematiche generali affrontate riguardano le abitudini quotidiane e lo stile di vita, l’alimentazione e il movimento:

• Abitudini e stili di vita non salutari
• Sovrappeso e obesità (adulta e infantile)
• Alimentazione in famiglia
• Le diete e la gestione del peso
• Mangiando s’ingrassa?
• Gli inganni mediatici
• I cibi sottovalutati o poco conosciuti
• La stagionalità
• Le patologie correlate al peso corporeo
• L'energia e il movimento
• …
INFO E PRENOTAZIONI:

Numero chiuso con prenotazione obbligatoria.
Incontro + Open buffet 100% biologico: € 30,00

Contatti:

Cell. 328.89.69.351
E-mail: sara.campolonghi@gmail.com
Facebook: La Salute Vien Mangiando

Scarica il modulo di iscrizione e il questionario sul sito
www.luce44.it

domenica 12 giugno 2011

FILIPPO ONGARO PRESENTA IL SUO LIBRO "MANGIA CHE TI PASSA"

Un appuntamento importante martedì 21 giugno alle ore 21 presso Spazio Rosso Tiziano a Piacenza.

Incontro promosso da RILEVO, con la partecipazione del Prof. Giuseppe Miserotti , Presidente dell'Ordine dei Medici di Piacenza, e della Dr.ssa Giordana Lucente Biologa Nutrizionista.

NON ABBIAMO BISOGNO DI DIETE, MA DI NUOVE ABITUDINI!

martedì 19 aprile 2011

IL CIBO DELL'UOMO: Le 10 RACCOMANDAZIONI del Fondo mondiale per la Ricerca sul cancro

Nel 2007 il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF), la cui missione è di promuovere la prevenzione primaria dei tumori attraverso la ricerca e la divulgazione della conoscenza sulle loro cause, ha concluso un‟opera ciclopica di revisione di tutti gli studi scientifici sul rapporto fra alimentazione e tumori. Vi hanno contribuito oltre 100 ricercatori, epidemiologi e biologi, di una ventina di centri di ricerca fra i più prestigiosi del mondo.
Il volume, disponibile su www.dietandcancerreport.org, è molto prudente nelle conclusioni, che riassumono in 10 raccomandazioni solo i risultati più solidi della ricerca scientifica. Di tutti i fattori che si sono dimostrati associati ad un maggior rischio di cancro, quello più solidamente dimostrato è il sovrappeso: le persone grasse si ammalano di più di tumori della mammella, dell‟endometrio, del rene, dell‟esofago, dell‟intestino, del pancreas, e della cistifellea.

Di qui la prima raccomandazione di mantenersi snelli per tutta la vita e di evitare i cibi ad alta densità calorica, cioè i cibi ricchi di grassi e di zuccheri, che più di ogni altro favoriscono l‟obesità: in primo luogo quelli proposti nei fast food e le bevande zuccherate. La vita sedentaria è un‟altra causa importante di obesità, ma è una causa di cancro anche indipendentemente dall‟obesità: gli studi epidemiologici hanno evidenziato che le persone sedentarie si ammalano di più di cancro dell‟intestino, della mammella, dell‟endometrio, e forse anche del pancreas e del polmone.
Altri fattori che un gran numero di studi coerentemente indicano come cause importanti di cancro includono: il consumo di bevande alcoliche, associato ai tumori del cavo orale, della faringe, della laringe, dell‟intestino, del fegato e della mammella; il consumo di carni rosse, soprattutto di carni conservate, associato soprattutto al cancro dell‟intestino, ma probabilmente anche ai tumori dello stomaco, e sospettato per i tumori dell‟esofago, del pancreas, del polmone e della prostata; il consumo elevato di sale e di cibi conservati sotto sale, associati al cancro dello stomaco; il consumo elevato di calcio, probabilmente associato al cancro della prostata; il consumo di cereali e legumi contaminati da muffe cancerogene, responsabili del cancro del fegato; la contaminazione con arsenico dell‟acqua da bere, responsabile di tumori del polmone e della pelle; il consumo di supplementi contenenti beta-carotene ad alte dosi, che fanno aumentare l‟incidenza di cancro del polmone nei fumatori.
Sul latte e i latticini e, in generale, sui grassi animali gli studi sono molto contrastanti e non conclusivi: il consumo di latte sembrerebbe ridurre i tumori dell‟intestino, che sarebbero però aumentati dal consumo di formaggi, e un consumo elevato di grassi aumenterebbe sia i tumori del polmone che i tumori della mammella; si tratta di aumenti di rischio modesti ma, data l‟elevata frequenza di questi tumori, tutt‟altro che trascurabili. Un ulteriore fattore importante considerato nel volume è l‟allattamento, che riduce il rischio di cancro della mammella, e forse dell‟ovaio, per la donna che allatta, e riduce il rischio di obesità in età adulta per il bambino che viene allattato.

Ma veniamo alle raccomandazioni:

1. Mantenersi snelli per tutta la vita. Per conoscere se il proprio peso è in un intervallo accettabile è utile calcolare l‟Indice di massa corporea (BMI = peso in Kg diviso per l‟altezza in metri elevata al quadrato: ad esempio una persona che pesa 70 kg ed è alta 1,74 ha un BMI = 70 / (1,74 x 1,74) = 23,1.), che dovrebbe rimanere verso il basso dell‟intervallo considerato normale (fra 18,5 e 24,9 secondo l‟Organizzazione Mondiale della Sanità).

2. Mantenersi fisicamente attivi tutti i giorni. In pratica è sufficiente un impegno fisico pari a una camminata veloce per almeno mezz‟ora al giorno; man mano che ci si sentirà più in forma, però, sarà utile prolungare l‟esercizio fisico fino ad un‟ora o praticare uno sport o un lavoro più impegnativo. L‟uso dell‟auto per gli spostamenti e il tempo passato a guardare la televisione sono i principali fattori che favoriscono la sedentarietà nelle popolazioni urbane.

3. Limitare il consumo di alimenti ad alta densità calorica ed evitare il consumo di bevande zuccherate. Sono generalmente ad alta densità calorica i cibi industrialmente raffinati, precotti e preconfezionati, che contengono elevate quantità di zucchero e grassi, quali i cibi comunemente serviti nei fast food. Si noti la differenza fra “limitare” ed “evitare”. Se occasionalmente si può mangiare un cibo molto grasso o zuccherato, ma mai quotidianamente, l‟uso di bevande gassate e zuccherate è invece da evitare, anche perché forniscono abbondanti calorie senza aumentare il senso di sazietà.

4. Basare la propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale, con cereali non industrialmente raffinati e legumi in ogni pasto e un‟ampia varietà di verdure non amidacee e di frutta. Sommando verdure e frutta sono raccomandate almeno cinque porzioni al giorno (per circa 600g); si noti fra le verdure non devono essere contate le patate.

5. Limitare il consumo di carni rosse ed evitare il consumo di carni conservate. Le carni rosse comprendono le carni ovine, suine e bovine, compreso il vitello. Non sono raccomandate, ma per chi è abituato a mangiarne si raccomanda di non superare i 500 grammi alla settimana. Si noti la differenza fra il termine di “limitare” (per le carni rosse) e di “evitare” (per le carni conservate, comprendenti ogni forma di carni in scatola, salumi, prosciutti, wurstel), per le quali non si può dire che vi sia un limite al di sotto del quale probabilmente non vi sia rischio.

6. Limitare il consumo di bevande alcoliche. Non sono raccomandate, ma per chi ne consuma si raccomanda di limitarsi ad una quantità pari ad un bicchiere di vino (da 120 ml) al giorno per le donne e due per gli uomini, solamente durante i pasti. La quantità di alcol contenuta in un bicchiere di vino è circa pari a quella contenuta in una lattina di birra e in un bicchierino di un distillato o di un liquore.

7. Limitare il consumo di sale (non più di 5 g al giorno) e di cibi conservati sotto sale. Evitare cibi contaminati da muffe (in particolare cereali e legumi). Assicurarsi quindi del buon stato di conservazione dei cereali e dei legumi che si acquistano, ed evitare di conservarli in ambienti caldi ed umidi.

8. Assicurarsi un apporto sufficiente di tutti i nutrienti essenziali attraverso il cibo. Di qui l‟importanza della varietà. L‟assunzione di supplementi alimentari (vitamine o minerali) per la prevenzione del cancro è invece sconsigliata.

9. Allattare i bambini al seno per almeno sei mesi.

10. Nei limiti dei pochi studi disponibili sulla prevenzione delle recidive, le raccomandazioni per la prevenzione alimentare del cancro valgono anche per chi si è già ammalato.

COMUNQUE NON FARE USO DI TABACCO

Dopo una serie di grandi Studi che ci hanno permesso di identificare i fattori ormonali metabolici che favoriscono il cancro della mammella, dal 1996 la Fondazione Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha iniziato una serie di esperimenti alimentari - il progetto DIANA - per ridurre gli alti livelli di ormoni sessuali che caratterizzano le donne ad alto rischio di sviluppare un tumore mammario. Si tratta sia di ormoni di tipo maschile (i cosiddetti Androgeni), come il testosterone, sia di ormoni femminili (gli Estrogeni), come l‟estradiolo. Non si sa ancora se producano essi stessi i danni al DNA necessari alla formazione di un tumore, ma certamente ne favoriscono lo sviluppo in quanto stimolano la proliferazione delle cellule mammarie. Gli ormoni sessuali sono prodotti dalle ovaie e dalle ghiandole surrenali, che a loro volta sono stimolate a produrli dagli ormoni dell‟ipofisi. La loro azione è moderata da una proteina prodotta dal fegato, la SHBG (in sigla la „globulina che lega gli ormoni sessuali‟). Quanto più è alto il livello di SHBG nel sangue tanto più è basso il rischio di tumore mammario. La produzione della SHBG è regolata soprattutto dall‟insulina: quanta più insulina c‟è nel sangue tanto meno SHBG viene prodotta dal fegato. L‟insulina, inoltre, fa aumentare gli androgeni, sia stimolando direttamente l‟ovaio a produrli, sia stimolando l‟ipofisi a produrre l‟ormone responsabile della produzione ovarica di androgeni, il cosiddetto LH. Gli androgeni vengono poi trasformati in estrogeni nell‟ovaio stesso e, soprattutto dopo la menopausa, in altri tessuti, in particolare nel tessuto adiposo. Il nome DIANA del nostro progetto sta appunto per “Dieta e Androgeni”, perché intende ridurre i livelli di androgeni con la dieta. Modificando la dieta, infatti, privilegiando gli alimenti integrali rispetto agli zuccheri e alle farine raffinate e ai grassi, è possibile ridurre i livelli di insulina.

I risultati degli studi DIANA hanno dimostrato che è possibile ridurre la concentrazione nel sangue dell‟insulina, degli ormoni sessuali, e di alcuni fattori di crescita che favoriscono lo sviluppo dei tumori della mammella e di altri organi. Si è ridotta inoltre la glicemia, la colesterolemia e la trigliceridemia. Praticamente tutte le partecipanti, molte delle quali erano in soprappeso, sono dimagrite (senza che venisse loro richiesto di controllare le calorie) tutte quelle che soffrivano di stitichezza hanno risolto il problema, e in generale hanno dichiarato di sentirsi meglio. Gli studi DIANA stanno continuando, sia rivolti a donne sane per prevenire il cancro sia a donne che si sono ammalate per prevenire eventuali nuovi tumori e le recidive della malattia (per informazioni si veda il sito internet: www.istitutotumori.mi.it cliccare sulla foto del Campus Cascina Rosa).
Come bisogna mangiare, quindi, per ridurre l‟insulina? Come abbiamo già spiegato, l‟insulina viene prodotta quando aumenta il livello di glucosio nel sangue (la glicemia) per cui bisogna ridurre il consumo degli alimenti che hanno l‟effetto di far aumentare rapidamente il livello di glucosio nel sangue. Purtroppo molti di questi alimenti, detti ad alto indice glicemico, fanno parte delle nostre abitudini quotidiane: il pane bianco, la farina 00, i dolci di pasticceria, le patate, i fiocchi di mais. Vi sono poi alimenti che pur non avendo un alto indice glicemico, stimolano direttamente la produzione di insulina, come il saccarosio (il comune zucchero) e il latte. Gli alimenti ricchi di grassi animali, infine, come le carni rosse, il burro e i formaggi, ostacolano il funzionamento dell‟insulina, nel senso che rendono difficile il passaggio del glucosio dal sangue alle cellule, per cui la glicemia rimane alta e il pancreas deve produrre ulteriore insulina14. Questi cibi dovrebbero essere consumati solo occasionalmente mentre quotidianamente dovremmo consumare cereali non industrialmente raffinati (riso integrale, miglio, farro, orzo, ma anche la pasta italiana di grano duro va bene), perché cedono glucosio più lentamente che non le farine raffinate, legumi (lenticchie, ceci, piselli, fagioli, compresi quelli di soia) perché rallentano la velocità di assorbimento del glucosio, forniscono proteine di buona qualità, e aiutano a tener basso il colesterolo, verdure di tutti i tipi (in particolare verdure a radice e a foglia, ma non le patate), perché ricche di svariate sostanze utili e anche protettive contro il cancro, olio di oliva extravergine, ogni tanto semi oleaginosi (noci, nocciole, mandorle, pistacchi, sesamo, girasole, zucca e lino) ricchi di calcio e di grassi che favoriscono il buon funzionamento dell‟insulina, pesce azzurro perché il grasso del pesce ha proprietà antinfiammatorie e antitumorali, e il pesce e‟ una buona fonte di calcio e di vitamina D) e frutta (inclusa la frutta secca per dolcificare, e i frutti di bosco, ricchi di sostanze con grandi potenzialità protettive). Questi alimenti, in particolare i cereali integrali e i legumi, aumentano il senso di sazietà favorendo chi desidera dimagrire. Chi non è abituato deve però introdurli gradatamente, per dare tempo all‟intestino di adattarsi, ricordandosi sempre di masticare bene e a lungo.

Nei progetti DIANA abbiamo utilizzato anche alimenti non comunemente consumati dalla maggioranza degli Italiani, come il pane integrale a lievitazione naturale (talvolta con l‟aggiunta di semi di lino), il grano saraceno (sotto forma di polenta o di pasta, di pizzoccheri valtellinesi o di soba giapponese), il seitan (un prodotto a base di glutine di frumento che si può cucinare in tutti i modi con cui si cucina la carne), varie alghe marine (un tempo consumate anche dalle nostre popolazioni costiere ma di cui si è persa la tradizione, sono integratori naturali di vitamine e sali minerali, facilitano il funzionamento della tiroide e quindi aiutano a dimagrire; si usano comunemente nelle insalate, nelle zuppe e per la cottura dei legumi), i fiocchi d‟avena (per farne biscotti o il porridge, con acqua o latte di cereali o di soia; anch‟essi rallentano l‟assorbimento degli zuccheri), l‟olio di sesamo per friggere (perché resiste all‟alta temperatura), i fagioli azuki (la cosiddetta soia rossa, che si usa anche per preparare dolci a basso indice glicemico), i fagioli mung (la cosiddetta soia verde da cui si ricavano i comuni germogli di soia) e molti prodotti tradizionali di soia, di consumo abituale nei paesi orientali (il miso e il tamari giapponesi, il tofu cinese, il tempeh indonesiano, e occasionalmente lo stesso fagiolo di soia gialla, e il latte di soia da usare in cucina al posto del latte bovino, che oltre a fornire proteine e grassi di buona qualità e fitoestrogeni hanno la proprietà di far abbassare il colesterolo), occasionalmente i germogli (di grano, di soia e di altri semi, ricchissimi di vitamine), il fungo shiitake (lentinus edodes, noto per le sue proprietà diuretiche e ipocolesterolemizzanti), in primavera il tarassaco (l‟insalata matta dei prati) e in inverno il topinambur (attenzione che fa gonfiare la pancia di chi non è abituato), perchè aiutano lo sviluppo dei germi intestinali capaci di digerire le fibre vegetali, il daikon (che aiuta ad abbassare il colesterolo e a sciogliere i depositi di grasso), e come bevande il latte di cereali (di riso, di avena) o di mandorle, il the bancha (the invecchiato tre anni che non contiene più teina) e occasionalmente il the mu (ricco di 15 erbe orientali, compreso il gingseng).
Nel progetto DIANA, tuttavia, utilizziamo comunemente anche i piatti tradizionali della cucina povera mediterranea: pasta e fagioli, pasta e ceci, pasta con le fave, orecchiette con le cime di rapa, pasta con i broccoli e con ogni tipo di verdura, riso (integrale) con i carciofi, polenta (di mais e saraceno) con lenticchie e funghi, zuppa di farro, minestrone d‟orzo, ribollita di pane e cavolo nero, pasta con le vongole, zuppa di pesce (il brodetto marchigiano o il caciucco toscano), e tutte le ricette siciliane di pesce azzurro.

Dott. Franco Berrino:
Medico, Epidemiologo, Direttore del Dipartimento di Medicina Predittiva e per la Prevenzione – Fondazione Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano. Nella sua attività quarantennale di ricerca e prevenzione, si è occupato di studiare l‟incidenza dei tumori e la sopravvivenza dei malati in Europa, di diagnosi precoce oncologica e di alimentazione. In particolare, gli studi sull‟alimentazione orientano la sua attività scientifica promuovendo la dieta come prezioso strumento di prevenzione nei programmi di cambiamento degli stili di vita. E soprattutto, da sempre, ha a cuore la salute delle donne e degli uomini.

http://www.dietandcancerreport.org/

IL CIBO DELL'UOMO

Quale debba essere il cibo dell‟uomo ce lo dice la Bibbia, quando al sesto giorno della creazione Dio dice: “vi do tutte le piante con i loro semi… così avrete il vostro cibo”.1 Gli scienziati e i medici di oggi, però, abbagliati dai nuovi dogmi della biologia, non danno molta importanza alle parole della Bibbia. La chiesa ha contribuito non poco, fin dai tempi della persecuzione di Galileo, a togliere credibilità ad una fonte storica e antropologica importantissima sulla natura dell‟uomo, del suo cibo, e del suo posto nel mondo. Ma gli uomini di scienza badano poco alla storia; sono convinti che la chimica e la biologia moderna siano sufficienti a guidare le scelte alimentari dell‟uomo, e mentre rincorrono affannosamente nuove tecniche per rispondere a quesiti sempre più fini sui meccanismi molecolari che sottostanno alle funzioni complesse della vita, anche per modificarli con farmaci specifici, spesso dimenticando gli esperimenti di ieri, necessariamente più grossolani, ma spesso più vicini alla realtà della vita.
Il primo grande esperimento sull‟alimentazione dell‟uomo è riferito proprio dalla Bibbia. Il giovane Daniele e altri rampolli di nobili famiglie di Israele erano stati fatti prigionieri da Nabucodonosor, il quale voleva però che fossero trattati con tutti i riguardi e ordinò ad Asfenez, l‟eunuco di corte, che fossero nutriti con il cibo e il vino del re. Daniele e i suoi compagni si rifiutarono e pretesero acqua, cereali e legumi, com‟erano abituati, e rassicurarono Asfenez, che temeva di incorrere nell‟ira del tiranno, dicendogli che facesse la prova, e che li avrebbe visti più belli e più forti degli stessi figli del re.
I popoli della terra hanno sempre saputo, da quando gli dei hanno loro insegnato a coltivare i campi, che i cereali, con i legumi e occasionalmente altri semi, sono l‟alimento base dell‟uomo. Nelle Americhe ancora oggi i poveri mangiano tortillas e fagioli neri, in Nord Africa semola di grano (il cuscus) e ceci, in Africa nera miglio e arachidi, in Oriente riso e soia, e anche da noi riso e lenticchie o pasta e fagioli. I cereali, purché mangiati nella loro integralità, associati ai legumi e ad una certa quota di semi oleosi e di verdure, e occasionalmente a cibo animale, offrono una perfetta combinazione alimentare, con la giusta quantità di carboidrati, che ci garantiscono una costante disponibilità di energia per la vita quotidiana, di proteine complete di tutti gli aminoacidi indispensabili per il ricambio delle strutture cellulari, di grassi di buona qualità, che assicurano il funzionamento di complessi sistemi biofisici e biochimici che controllano l‟equilibrio dell‟organismo, di fibre indigeribili che nutrono migliaia di miliardi di microbi che convivono nel nostro intestino contribuendo alla nostra nutrizione e alla nostra salute, di vitamine, di sali minerali e di un‟infinità di altri fattori che da un lato sono indispensabili al corretto svolgimento di reazioni chimiche vitali e dall‟altro ci proteggono da sostanze tossiche estranee o prodotte dal nostro stesso metabolismo.

Nei paesi occidentali ricchi, soprattutto nel corso dell‟ultimo secolo, lo stile alimentare si è progressivamente discostato da questo schema tradizionale dell‟alimentazione dell‟uomo per privilegiare cibi che un tempo erano mangiati solo eccezionalmente, come molti cibi animali (carni e latticini), o che non erano neanche conosciuti, come lo zucchero, le farine molto raffinate (come si riesce a ottenerle solo con le macchine moderne), gli oli raffinati (estratti chimicamente dai semi o dai frutti oleosi), o che addirittura non esistono in natura (come certi grassi che entrano nella composizione delle margarine, o come certi sostituti sintetici dei grassi che non essendo assimilabili dall‟intestino consentirebbero, secondo la pubblicità, di continuare a mangiare schifezze senza paura di ingrassare). Questo modo di mangiare sempre più “ricco” di calorie, di zuccheri, di grassi e di proteine animali, ma in realtà “povero” di alimenti naturalmente completi, ha contribuito grandemente allo sviluppo delle malattie tipiche dei paesi ricchi: l‟obesità, la stitichezza, il diabete, l‟ipertensione, l‟osteoporosi, l‟ipertrofia prostatica, l‟aterosclerosi, l‟infarto del miocardio, le demenze senili, e molti tumori, fra cui i tumori dell‟intestino, della mammella, della prostata.
L‟uomo, in realtà, ha sempre mangiato anche cibo animale, ma se si eccettuano alcuni popoli nomadi, o quelli che vivono in condizioni ambientali estreme per freddo o per altitudine, sono ben pochi gli esempi di alimentazione tradizionale con un‟alta quota di cibo animale. Anche il latte, che oggi in Occidente è alimento quotidiano, dai più era consumato solo occasionalmente, perché non poteva essere conservato ed era facile veicolo di infezioni. È stato solo alcuni decenni dopo la scoperta della pastorizzazione, in pratica dopo la prima guerra mondiale, che ha cominciato ad essere distribuito nelle città. Ma molti popoli ancor oggi non bevono più latte dopo lo svezzamento. La cultura medica, giustamente preoccupata del grave stato di denutrizione che imperversava nelle nostre campagne e nei quartieri popolari delle città nei primi decenni del secolo, ha avuto un ruolo importante nella promozione del cibo animale, e la disponibilità di latte e di carne, insieme al miglioramento delle condizioni igieniche delle abitazioni, ha probabilmente contribuito a migliorare lo stato nutrizionale e a difenderci dalle malattie infettive. Ma poi siamo andati troppo avanti su questa strada e il consumo di cibi animali e di cibi raffinati è entrato in una spirale di interessi produttivi e commerciali che ha completamente sovvertito le tradizioni alimentari dell‟uomo. Non vogliamo certo sostenere che si stava meglio quando si stava peggio, quando c‟era la fame e la povertà, ma piuttosto che la nostra ricchezza ci consentirebbe una varietà di dieta sufficiente a soddisfare appieno sia le nostre esigenze fisiologiche e nutrizionali sia il piacere della buona tavola senza sovraccaricarci di prodotti animali e di cibi impoveriti dai trattamenti industriali, che solo il plagio della pubblicità televisiva riesce a farci sembrare buoni.

Noi medici oggi siamo ricchissimi di conoscenze biologiche e farmacologiche, ma paradossalmente sembrano sapere sempre meno di nutrizione e abbiamo non poche responsabilità nell‟impoverimento della nostra alimentazione “ricca”. Molte convinzioni su cui noi medici basiamo le nostre prescrizioni dietetiche preventive non sono che pregiudizi, derivanti da una lettura superficiale della composizione chimica degli alimenti, e da una visione troppo semplicistica dell‟infinita complessità della natura e dell‟organismo umano. Analizziamo ad esempio alcune raccomandazioni comuni: i latticini per prevenire l‟osteoporosi in menopausa, la carne nel primo anno di vita per prevenire l‟anemia ferro, le margarine e gli oli di semi per ridurre il colesterolo, le vitamine per prevenire il cancro.
Verso i 50 anni di età le ovaie terminano la loro funzione per la riproduzione e smettono di produrre ciclicamente gli ormoni sessuali femminili le cui funzioni includono anche quella di mantenere una buona nutrizione di vari organi e tessuti tra cui le ossa. L‟organismo di molte donne fatica ad adattarsi a questa nuova condizione, spesso accompagnata da disturbi quali vampate di calore, improvvise sudorazioni, cambiamenti di umore, insonnia, ma anche da un rapido cambiamento dello stato di vitalità e di nutrizione di molti tessuti, in particolare della pelle, che perde elasticità (compaiono le rughe), delle mucose, specie degli organi sessuali (secchezza vaginale), e dell‟osso, che tende a farsi più debole e più fragile (osteoporosi). Al sopraggiungere della menopausa, specie nei primi anni, le ossa diminuiscono considerevolmente il loro contenuto di calcio. Pare logico, quindi, raccomandare, a questa età (ma anche prima, per non arrivare alla menopausa con poche riserve), un abbondante apporto di calcio con la dieta. Poiché il latte e i formaggi sono alimenti ricchissimi di calcio (nei formaggi stagionati come il parmigiano si arriva addirittura ad oltre un grammo di calcio per cento grammi di prodotto), molti medici raccomandano di mangiare tanto formaggio. Quel che dovremmo sapere sapere, però, è che la principale causa alimentare di osteoporosi non è la carenza di calcio, bensì l‟eccesso di proteine animali. Le proteine animali sono più acide di quelle vegetali3 e tendono ad acidificare il sangue.
L‟organismo è molto attento a mantenere un livello di acidità controllato perché ogni squilibrio avrebbe gravi conseguenze (ipereccitabilità neuromuscolare o tetania). Non appena le sostanze acide assorbite con gli alimenti superano la capacità di controllo dei bicarbonati presenti nel sangue, l‟osso libera dei sali basici di calcio per tamponare l‟eccesso di acidità. Le ossa, infatti, non hanno solo funzione di sostegno, ma hanno un ruolo importante nell‟equilibrio dei sali minerali. I tanto reclamizzati latticini sono certo ricchi di calcio, ma sono anche un concentrato di proteine animali.

Non esiste un solo studio che abbia documentato che una dieta ricca di latticini in menopausa sia utile ad aumentare la densità ossea e a prevenire le fratture osteoporotiche4. Alcuni studi hanno addirittura riscontrato che la frequenza di fratture in menopausa è tanto maggiore quanto è maggiore il consumo di carne e di latticini. Naturalmente rimane logico garantire un sufficiente apporto alimentare di calcio, purché non provenga solo dai latticini. Ne sono ricchissimi vari semi, soprattutto il sesamo5 e le mandorle, i cavoli, soprattutto i broccoli, i prodotti del mare, soprattutto le alghe (sempre più raramente mangiate in Occidente), ma anche il pesce (soprattutto i pesci piccoli e le zuppe di pesce dove si mangiano anche le lische), il pane integrale a lievitazione naturale6, i legumi.
Da decenni i pediatri insegnano alle mamme che nel secondo semestre di vita, dopo lo svezzamento, i bambini devono mangiare omogeneizzati o liofilizzati di carne allo scopo di prevenire l‟anemia da carenza di ferro. I bambini non sono d‟accordo ma non hanno voce in capitolo. La raccomandazione si basa su studi condotti negli anni „40, nei quali era stato accuratamente misurato il contenuto di ferro alla nascita e il contenuto di ferro nei bambini di un anno, e calcolato quindi il fabbisogno di ferro alimentare nel primo anno di vita. Studi successivi (condotti in soggetti adulti) dimostrarono che il ferro del latte e dei vegetali è meno assorbibile che non il ferro della carne. Moltiplicando la quantità di ferro contenuta nel latte materno e nelle pappe tradizionali per la frazione assorbibile, si concluse che l‟unico modo per garantire ai divezzi la quantità di ferro sufficiente al fabbisogno nel primo anno di vita è di nutrirli con 50 grammi di carne al giorno. Questi calcoli sono stati accuratamente trascritti nelle successive generazioni dei trattati di pediatria e nella pubblicità degli omogeneizzati dimenticando di riferire che, negli esperimenti originali, i bambini in cui si era valutata la quantità di ferro all‟età di un anno non avevano mangiato carne. Evidentemente i neonati e i divezzi hanno ben altre risorse di quelle che credono i pediatri e il loro intestino è capace di assorbire molto più ferro dal latte e dalle pappe di verdure e cereali di quanto prescritto dalla scienza accademica. Le nostre bisnonne lo hanno sempre saputo: se il buon Dio avesse voluto che i divezzi mangiassero carne avrebbe fatto loro crescere i denti7. È difficile dire quanto male abbiamo fatto ai nostri bambini con questa dieta forzata, ma certamente questa pratica ha contribuito alla diffusione del mito dell‟alimentazione carnea. La carne è certamente un ottimo alimento, ma l‟aumento del consumo di carne, in particolare di carni rosse, è uno dei fattori che ha contribuito a far aumentare l‟incidenza di molte malattie frequenti nelle popolazioni occidentali, come l‟aterosclerosi, l‟ipertensione, il cancro dell‟intestino.
Un grande studio epidemiologico iniziato negli anni „50, condotto in sette paesi del mondo a diversa incidenza di malattie di cuore, dalla Finlandia, ad altissima incidenza, all‟Italia, ad incidenza relativamente bassa, a Creta, dove il rischio era bassissimo, dimostrò che la dieta mediterranea, basata su cereali, verdure, legumi e, come principale fonte di grassi, olio di oliva, era associata a bassi livelli di colesterolo nel sangue e proteggeva dall‟angina pectoris e dall‟infarto. Negli anni successivi si dimostrò che mentre i grassi della carne bovina e dei latticini (i cosiddetti grassi saturi) fanno aumentare il livello di colesterolo nel sangue, gli oli di semi (contenenti grassi poli-insaturi) lo fanno abbassare. Anche in Italia e in Grecia i cardiologi cominciarono a raccomandare oli di semi e margarine, raccomandazione subito amplificata dagli interessi commerciali, senza considerare che l‟olio di oliva aveva praticamente lo stesso effetto sul colesterolo. Di nuovo non si può dire quanto questa nuova cultura alimentare abbia influenzato lo stato di salute, ma certamente ha favorito il consumo di cibi raffinati e innaturali. I semi oleaginosi sono un ottimo alimento, ma gli oli di semi normalmente consumati, sono stati depauperati di molte sostanze potenzialmente protettive presenti nei semi, fra cui buona parte della vitamina, e nel processo di produzione delle margarine si formano acidi grassi particolari, inesistenti in natura, fortemente sospettati di aumentare, invece che diminuire, il rischio di infarto.

Le principali conoscenze che la scienza medica ha potuto solidamente confermare, in decenni di ricerche cliniche ed epidemiologiche sul ruolo dell‟alimentazione nella genesi delle malattie croniche che caratterizzano il mondo moderno, si possono riassumere in poche raccomandazioni preventive: più cereali integrali, legumi, verdura e frutta fresca, meno zuccheri e cereali raffinati, meno carni, latticini e grassi animali, meno sale e meno alimenti conservati sotto sale. A partire dagli anni „70, numerose ricerche epidemiologiche, che hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone e studiato decine di migliaia di casi di tumore, hanno confermato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che chi mangia più verdure si ammala meno di cancro rispetto a chi mangia poche verdure. Ciò vale per la maggior parte dei tumori, in particolare quelli dell‟apparato digerente (cavo orale, faringe, esofago, stomaco, intestino) e quelli dell‟apparato respiratorio (laringe e polmoni). Un‟alimentazione ricca di verdure, quindi, può proteggere anche dai tumori dovuti al tabacco e all‟inquinamento: un forte fumatore ha un rischio fino a venti volte superiore di ammalarsi di cancro polmonare rispetto a un non fumatore, ma mangiando quotidianamente verdure può dimezzare il suo rischio (che rimane però molto alto se non smette di fumare). Le verdure e i cibi vegetali proteggono probabilmente attraverso numerosi meccanismi, ma il più importante (o almeno il più studiato) è legato al contenuto di sostanze antiossidanti, fra cui vitamina C, vitamina E, beta-carotene (precursore della vitamina A) e altri carotenoidi, vari polifenoli, composti solforati, che impediscono l‟attivazione di molte sostanze cancerogene e proteggono le strutture cellulari e lo stesso DNA dall‟aggressione di sostanze ossidanti che si generano nei normali processi metabolici. L‟osservazione che l‟insorgenza del cancro del polmone nei fumatori sembrava contrastata soprattutto da verdura e frutta ad alto contenuto di beta-carotene (di cui sono ricchissime le carote e tutta la verdura gialla e rossa, ma anche la verdura verde scura), ha fatto sorgere l‟ipotesi che lo stesso effetto si potesse ottenere con alte dosi farmacologiche di beta-carotene e ha condotto ad esperimenti preventivi i cui risultati sono stati drammatici. In Finlandia, trentamila volontari, forti fumatori, sono stati suddivisi a caso in quattro gruppi di circa 7500 persone ciascuno: un gruppo avrebbe preso quotidianamente una pillola con 25 mg di beta-carotene, un gruppo una pillola di alfa-tocoferolo (vitamina E), un gruppo una pillola contenente entrambe le sostanze e un gruppo una pillola placebo (cioè senza nessuna vitamina). Lo studio era condotto in doppio cieco, in modo che né i partecipanti né i medici incaricati della loro sorveglianza sapessero chi stava prendendo cosa, ma un comitato etico aveva accesso ai codici e teneva sotto controllo l‟operazione. Lo studio fu interrotto dopo otto anni, quando fu chiaro che, contrariamente all‟atteso, il beta-carotene era associato a una frequenza maggiore (del 18%) di carcinoma polmonare. Anche l‟infarto era aumentato in chi prendeva la pillola di beta-carotene, mentre in chi prendeva vitamina E erano più frequenti le emorragie cerebrali. Non appena resi noti questi risultati, venne interrotto uno studio simile in corso negli Stati Uniti d‟America (in cui si associava beta-carotene e vitamina A); anche in questo caso, il cancro del polmone e l‟infarto risultarono più alti nel gruppo di persone trattate rispetto al gruppo di controllo, con una mortalità complessiva più alta del 18%. Decine di studi di chemioprevenzione, condotti somministrando pillole di questa o quella vitamina o cocktail di vitamine e sali minerali potenzialmente preventivi, hanno dato risultati deludenti. Anche gli studi che hanno cercato di prevenire i polipi e il cancro dell‟intestino somministrando preparati vari di crusca o altre fibre vegetali sono stati fallimentari, e in alcuni casi i polipi sono addirittura aumentati anziché diminuire. Questi risultati sono solo apparentemente in contrasto con gli studi epidemiologici che hanno mostrato un minor rischio di malattia in chi ha una dieta ricca di fibre, di vitamine, e di altri nutrienti essenziali. Essi indicano semplicemente che non siamo in grado di catturare in una pillola la meravigliosa complessità della natura, e che corriamo dei rischi in particolare quando usiamo dosi alte rispetto a quanto l‟uomo può assumere col cibo. Perché la prevenzione non è come la tossicologia: se usiamo un veleno, più alta è la dose maggiore sarà l‟effetto, ma se una sostanza fa bene non è detto che continui a far bene se ne assumiamo in grandi quantità.

La più grande sconfitta della medicina nutrizionale è probabilmente l‟obesità, che nonostante una infinità di ricerche per trovare farmaci e diete efficaci, continua ad aumentare e gli obesi che riescono a dimagrire quasi inevitabilmente recidivano e tornano ad essere grassi e chi è sovrappeso si ammala di più di malattie di cuore, di diabete, e di molti tumori. In teoria per dimagrire è sufficiente mangiare poco: la scienza dell‟alimentazione vorrebbe che per ogni sette calorie a cui si rinuncia a tavola si dovrebbe perdere un grammo di ciccia, ma in realtà le cose sono più complicate. Da che mondo è mondo, l‟uomo si è sempre scontrato con il problema della fame, ma solo da pochi decenni sta scontrandosi con il problema di aver troppo da mangiare. La nostra fisiologia, quindi non è attrezzata per difenderci dall‟obesità.
Quando perdiamo peso, anzi, l‟organismo mette subito in atto degli automatismi protettivi che cercano di impedirci di perderne ulteriormente: inavvertitamente tendiamo a ridurre il dispendio energetico riducendo l‟attività fisica, producendo meno calore, migliorando l‟efficienza metabolica. È come se l‟organismo si preparasse al peggio, al rischio di carestia. Infatti, chi si mette seriamente a dieta, in genere riesce a perdere anche molti chili in pochi giorni ma poi, pur continuando a mangiare la stessa dieta ipocalorica, non dimagrisce più, e per mantenere il peso raggiunto deve mangiare meno di chi quel peso l‟ha sempre avuto; almeno fino a quando l‟organismo non si sarà assestato ad un altro livello di equilibrio, ma ciò può richiedere molto tempo.
Nella dieta sono soprattutto i grassi che fanno ingrassare. A parità di peso, i grassi forniscono più energia delle proteine e dei carboidrati - 9 contro 4 calorie per grammo - e chi mangia cibi grassi tende a mangiare di più di chi mangia cibi magri. Anche chi mangia molti zuccheri e farine raffinate tende ad ingrassare specie se associati ai grassi. Gli zuccheri infatti fanno aumentare i livelli ematici di insulina, che se da un lato fa sì che gli zuccheri vengano bruciati, dall‟altro favorisce l‟immagazzinamento dei grassi in eccesso nel tessuto adiposo10. La soluzione è mangiare meno grassi animali11, meno zuccheri, più verdure, più semi e cibi integrali. I cibi integrali aiutano chi vuole dimagrire, perché da un lato le fibre che contengono, rigonfiandosi nello stomaco e nell‟intestino, danno un maggior senso di sazietà, e dall‟altro favoriscono un assorbimento lento e graduale degli zuccheri, prevenendo cadute dei livelli di glucosio nel sangue (la glicemia) che farebbero aumentare il senso di fame. Chi invece mangia zuccheri e farine raffinate (ad esempio fa colazione con caffelatte zuccherato, biscotti e marmellata) va incontro ad un rapido aumento della glicemia che determina un‟immediata iperproduzione pancreatica di insulina che a sua volta fa abbassare la glicemia, determinando un senso di fame che porta ad introdurre nuovamente zuccheri (il cappuccino con il cornetto a metà mattina) che però fanno immediatamente rialzare la glicemia e quindi l‟insulina, determinando una nuova fase di ipoglicemia (per cui si arriva a pranzo con il buco nello stomaco) e cosi via in un circolo vizioso che alla lunga può portare all‟obesità.

Un alto contenuto di fibre nella dieta offre un aiuto nel controllo dell'appetito, dà un senso di sazietà, e quindi contribuisce al controllo del peso corporeo.
Per interrompere questo circolo vizioso e assestare l‟equilibrio dell‟organismo su un peso più basso, non basta mettersi a dieta ipocalorica per qualche settimana, occorre mettersi a mangiare bene e non smettere più. Non c‟è bisogno di far la fame né di rinunciare ai piaceri della tavola, ma occorre rieducare il gusto (riscoprire i gusti semplici) e le abitudini corrotte dalla pubblicità, senza fretta, ma con determinazione.
È utile cominciare riscoprendo le ricette della dieta mediterranea povera, avvicinandosi alle ricette macrobiotiche, variando molto però i menu. Se a colazione piace il latte, un giorno si potrà mangiare latte di mucca, ma gli altri giorni latte di soia (per abituarsi al gusto è consigliabile mescolarlo con un succo di frutta, o di carota, o con il muesli o con i fiocchi di cereali), latte di mandorle, latte di riso o di avena, con pane integrale, marmellate senza zucchero, farinata di ceci, frutta fresca e secca. A pranzo si può iniziare con una zuppa, o d‟estate con un‟insalata, che può essere ogni giorno diversa, e far seguire una pasta o un riso integrale con le verdure (la pasta e il riso ci forniranno gli zuccheri da bruciare per tutto il resto del giorno). A cena sarà bene invece fornire un po‟ più di proteine, ad esempio un piatto di cereali e legumi integrali, oppure raffinati sotto forma di seitan e tofu, oppure pesce, più raramente uova, o carne (meglio bianca), o formaggio fresco; il tutto accompagnato da verdure (poco) cotte o zuppa di verdure. Meglio non mangiare la frutta a fine pasto (che può fermentare e rallentare la digestione), ma possiamo mangiarne fra i pasti o prima dei pasti.
Questi principi alimentari aiuteranno a prevenire e a curare innumerevoli disturbi intestinali e squilibri metabolici e ormonali che caratterizzano l‟uomo contemporaneo. E molto probabilmente aiuteranno a prevenire molti tumori.

(CONTINUA...)

Franco Berrino
Direttore del Dipartimento di Medicina Predittiva e per la Prevenzione
Fondazione IRCCS Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori
MILANO

lunedì 31 gennaio 2011

LE ISCRIZIONI AI CORSI GRATUITI PROGETTO E.A.T. EDUCAZIONE ALIMENTARE E TRAINING SI CHIUDONO IL 20 APRILE


Sono ancora aperte le iscrizioni per partecipare al Progetto E.A.T. "Educazione Alimentare e Training" approvato (con determinazione dirigenziale DLL76 del 18/06/2010 codice RL003091) e promosso dalla Regione Lazio.

Il progetto E.A.T. si propone di diffondere in modo capillare una corretta cultura dell'alimentazione, a partire dai centri sportivi che attraverso i loro operatori raggiungono una numerosa e attenta utenza.
Il progetto consta di due azioni principali, una di formazione e una di informazione.

L'obiettivo strumentale è far acquisire agli operatori dei centri sportivi gli strumenti conoscitivi ed operativi per organizzare, promuovere e gestire attività informative in materia di educazione alimentare al fine di diffondere una cultura responsabile dell'alimentazione che prevenga o aiuti ad arginare comportamenti scorretti e disordini alimentari che inducono a veri e propri stati patologici.



I formatori sportivi che si iscriveranno entro il 17 gennaio potranno usufruire dei corsi di Educazione Alimentare gratuiti tenuti principalmente da Psicologi esperti in Comportamento alimentare e Gestione del peso corporeo.

Partners: Ciofs fp Lazio, Slow Food, Pallacorda, Spicap Roma

http://www.progettoeat.it/

domenica 23 gennaio 2011

SABATO 29 GENNAIO CERCA LE ARANCE DELLA SALUTE DI AIRC

Grazie alla Regione Sicilia, sabato 29 mattina, potrete portarvi a casa 3 kg di arance rosse di Sicilia non trattate, distribuite in oltre 2000 piazze italiane da 20 mila volontari AIRC, a fronte di una donazione di 9 euro.

L’obiettivo della giornata è raccogliere quasi 4 milioni di euro per aiutare la ricerca contro il cancro, per renderlo sempre più curabile.

Le arance contengono un particolare mix di vitamine ed antiossidanti che le rendono un efficace strumento di prevenzione contro molte malattie, sempre se inserite in un corretto ed equilibrato stile di vita alimentare e di movimento.

Il 29 gennaio fate il pieno di vitamina C!


www.arancedellasalute.it/default.asp
www.corriere.it/salute/sportello_cancro/10_gennaio_28/arance-salute_1cd25152-0c12-11df-8679-00144f02aabe.shtml

CURRICULUM VITAE ED ATTIVITA' PROFESSIONALE

Dr.ssa Sara Campolonghi
Psicologa, coach alimentare e specialista in Comportamento alimentare e Gestione del peso corporeo

Laureata presso l'Università degli Studi di Padova
Iscriz. Albo Psicologi Lazio n.17094

Colloqui e consulenze individuali e familiari presso studi privati a Roma e Piacenza.

Incontri di gruppo e attività pratiche su salute alimentare, stile di vita e gestione del peso
.

Membro di ASAS Salute, Associazione per la Salute correlata ad Alimentazione e Stili di Vita.

Collabora con le Associazioni, Giustopeso Italia, FIAF-SIAF Roma, Associazione Diabetici Piacentini.

Gestisce il sito http://coachalimentare.it e scrive per vari blog e siti web: www.nonsprecare.it, www.filippo-ongaro.it, http://oltrelostretto.blogsicilia.it.

Educatrice alla Salute Alimentare per il Progetto Europeo HCSC, Healthy Children in Sound Communities
, prima edizione italiana, presso il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma. Promosso da FIAF, Federazione Italiana Aerobica e Fitness. 2010-11

Formatore per Formatori sportivi nel Progetto E.A.T. - Educazione Alimentare e Training, approvato e promosso dalla Regione Lazio (con determinazione dirigenziale D2276 del 18/06/2010 codice RL003091). 2011

Ha lavorato presso i Reparti di Dietologia e Diabetologia dell'Ospedale Sandro Pertini di Roma: percorsi individuali e familiari per il cambiamento delle abitudini e stile di vita di persone con obesità o sovrappeso, diabete gestazionale e corsi di Educazione Terapeutica con pazienti diabetici di tipo 2 e micro-infusore. 2010-11

E-mail: sara.campolonghi@gmail.com
Cell. +39 328 89 69 351
www.coachalimentare.it