Sabato 3 dicembre 2011 si è svolto presso l’Hotel Rome
Cavalieri di Roma il Convegno ANTI-AGING:
Benessere e Stili di Vita, organizzato dall’Accademia del Fitness di Parma,
un evento multidisciplinare durante il quale vari professionisti della Salute
quali medici, psicologi, posturologi, preparatori atletici e altri hanno
approfondito i vari aspetti dello stile di vita che possono influenzare la qualità dell’invecchiamento: in
particolare si è parlato di fattori biologici, genetici e metabolici,
alimentazione, attività fisica, fattori psicologici come lo stress e i disturbi
del comportamento alimentare.
Fra i tanti interventi degni di nota segnaliamo quello del Dott. Filippo Ongaro, Direttore Sanitario dell’Istituto di Medicina Rigenerativa e Anti-Aging di Treviso (ISMERIAN), Vice Presidente dell’Associazione Medici Italiani Anti-Aging (AMIA), nonché autore del best-seller Mangia che ti passa e co-conduttore del noto programma televisivo Dottori in Prima Linea in onda su La7.
Il Dott. Ongaro esordisce con una battuta, osservando che la
maggior parte degli uditori presenti sono ‘ipertrofici’ piuttosto che
‘sarcopenici’[1]; effettivamente
in sala erano presenti diversi allenatori, sportivi e persone in buona forma
fisica. Questo sta a significare che oggi chi si interessa al tema cruciale della
salute e dello stile di vita non lo fa solo a parole, ma lo esprime e lo
comunica mettendo in pratica nella propria quotidianità stili di vita salutari,
che promuove in prima persona. E diventando in prima persona promotori della
salute e del benessere sarà più facile per gli altri seguirci su questa strada con
lo stesso entusiasmo.
Tutti siamo destinati ad invecchiare, ma in modi diversi: ci
sono casi (molto rari) di persone vissute più di 100 anni che sono rimaste in ottima
salute fino alla fine della loro vita, grazie ad una predisposizione genetica
particolarmente protettiva; altri si sono mantenuti in buona forma fisica e
mentale fino ad un’età avanzata con una costante pratica di stili di vita salutari,
unitamente ad un buon bagaglio genetico; infine ci sono molte persone che vivono
fino ad età avanzata, ma in condizioni di salute precarie e con una bassa
qualità di vita, grazie al supporto medico e farmacologico. A questo punto
viene da chiedersi se abbia senso vivere 15-20 anni in più, quando si è persa
la salute e la qualità della vita. Il modello medico tradizionale, precisa
Ongaro, è indispensabile e continuerà ad esserlo, ma oggi non è più sufficiente
e va riadattato ed integrato in funzione di un accrescimento della qualità di
vita nell’arco dell’intera sua durata.
Ancora oggi la ricerca lavora per scoprire quali siano le
condizioni ottimali per invecchiare nel miglior modo possibile, ma conosciamo
già quale sia il minimo indispensabile: mangiare
correttamente, combattere la sedentarietà, e gestire lo stress, oltre ovviamente
ad evitare i comportamenti pericolosi (fumare, bere alcolici, praticare attività
e sport rischiosi, etc.). Secondo i dati del C.D.C. Center for Disease Control and Prevention (vedi Tabella), ben il 50% della nostra salute dipende dai
comportamenti quotidiani, il 20% dall’ambiente e dagli aspetti genetici, mentre
soltanto il 10% dall’accesso alle cure mediche.
Questo evidenzia quanto sia centrale la modificazione del comportamento e dello stile di vita in un’ottica di prevenzione, e come sia in qualche modo sovrastimato il ruolo della predisposizione genetica di per sè nello sviluppo delle patologie, dal momento che lo stile di vita modifica e regola l’espressione ed il funzionamento dei geni in una continua e reciproca interazione. L’Epigenetica è appunto la disciplina che si occupa di determinare come i geni si adattino al mondo esterno regolando l’attività del DNA[2] e di come questa interazione influenzi la salute e l’invecchiamento.
A
questo punto Ongaro introduce un elemento fondamentale, la Discordanza evolutiva: il genoma umano oggi è pressoché identico a
quello di 200 mila anni fa, mentre l’ambiente circostante, così come gli
alimenti disponibili, le attività fisiche e le abitudini sono drasticamente mutati;
la discrepanza che si crea fra ambiente e DNA produce un paradosso, ovvero l’aumento
della longevità a discapito della qualità e delle modalità di vita, e può perfino
portare ad una reversione del fenomeno a causa della composizione dell’ambiente
circostante.
Le radici delle patologie del nostro tempo affondano proprio in
questa discordanza, pertanto per intervenire efficacemente in senso preventivo
occorre intervenire all’origine e non dal momento in cui si manifestano
clinicamente. L’espressione di queste patologie infatti , anche grazie
all’enorme capacità di compensazione del corpo umano, può avvenire dopo molti
anni dalla loro esordio: questo da un lato ci impedisce di identificarle
subito, per contro una volta compreso il processo si avrà la possibilità di
intervenire in tempo.
Ma come si intreccia l’azione del genoma con quella
dell’ambiente e dello stile di vita? Con una metafora il Dott. Ongaro paragona
il DNA alla rete elettrica di una casa: il fatto di sapere come sia progettata la
rete non consente di sapere quali siano le luci accese o spente in un
determinato momento. Lo stesso si può dire per il funzionamento dei geni
protettivi del DNA: ad oggi la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante in
merito alla codificazione del genoma umano, ma per risalire all’origine delle
patologie moderne occorre comprendere ciò che regola l’accensione e lo
spegnimento dei geni protettivi (la cosiddetta Regolazione epigenetica[3]).
Quello che sappiamo al momento però è che la loro attivazione dipende
dall’informazione proveniente dall’esterno: lo stile di vita e l’ambiente.
Queste informazioni influiscono sui processi di replicazione e manutenzione del
DNA, dai quali dipendono la salute, la longevità e la qualità della vita dell’uomo.
Stili di vita non salutari, ed in particolare un’alimentazione
scorretta nonchè depauperata dall’‘industrializzazione’ e ‘modernizzazione’
degli alimenti, porta al DNA informazioni sbagliate che vanno ad aumentare
l’instabilità genomica e riducono la capacità di riparazione delle mutazioni ed
errori genetici che normalmente si verificano nel corso dell’esistenza
dell’individuo, alla base per esempio della riproduzione delle cellule
cancerose. L’Epigenetica consente di giocare d’anticipo, cercando di mantenere
il più possibile la stabilità genomica, e di bloccare all’origine il percorso
di sviluppo di gravi patologie.


Per concludere, uno strumento pratico e fruibile per seguire più facilmente le indicazioni generali di una sana alimentazione, promosso dalla Harvard Medical School: il piatto unico semplice ed immediata rappresentazione delle porzioni degli alimenti che si consiglia di consumare all’interno di un pasto: gli ortaggi rappresentano il 50% del piatto, con una predominanza delle verdure, mentre il restante 50% va a sua volta suddiviso fra cereali integrali e proteine salutari.
L’intervento del Dott. Ongaro apre le porte a molte riflessioni
importanti.
In primis, nella
lotta alle patologie del nostro tempo lo stile di vita in generale ed il
comportamento alimentare in particolare assumono una posizione di primissimo
piano per il ruolo cruciale che hanno nella regolazione della salute cellulare
e del sistema immunitario: il nostro corpo è fatto di cellule che interagiscono
con l’ambiente, e se queste cellule non ricevono le informazioni corrette, ovvero
coerenti con il DNA, non funzioneranno in maniera ottimale e ciò si tradurrà in
espressioni patologiche di varia natura.
In secundis, emerge
la necessità di un superamento della visione puramente energetica e calorica
del cibo, a favore di una concezione più complessa che lo identifica non più
come semplice ‘carburante’ ma come veicolo di informazione che contribuisce a
regolare i processi cellulari più profondi[4]. Questo
significa che improvvisamente il cibo e le abitudini alimentari entrano in connessione
diretta con le capacità rigenerative del nostro corpo, l’invecchiamento, lo
sviluppo delle malattie e di altre condizioni legate all’alimentazione quali
sovrappeso, obesità e molti altri disturbi.
Più in generale, questo radicale mutamento di prospettiva comporta
una vera e propria “rivoluzione copernicana” nell’approccio alla malattia, che deve
pertanto contemplare interventi di tipo multidisciplinare riguardanti il
concetto di “stile di vita” nella sua globalità, le abitudini e le pratiche
quotidiane, il comportamento alimentare e di movimento, lo stress, etc., e che
apre ampie prospettive di collaborazione fra le varie figure professionali che
lavorano nell’ambito della prevenzione e della promozione della salute, per la
riduzione dell’incidenza di obesità, disturbi correlati al peso corporeo, malattie
metaboliche, oncologiche, cronico degenerative, etc. cercando di realizzare un
cambiamento culturale, sociale ed individuale dello stile di vita e delle
abitudini delle persone.
Dr.ssa Sara Campolonghi
Psicologa, Coach alimentare e Specialista nella gestione del peso
Dr.ssa Sara Campolonghi
Psicologa, Coach alimentare e Specialista nella gestione del peso